L’Università della Cucina Mediterranea ha già più volte trattato il tema dello spreco alimentare. Lo ha fatto su questo sito, sulla pagina Facebook, lo ha sempre fatto e lo continuerà a fare sempre con ogni mezzo e ad ogni occasione, ivi incluse le tante conferenze a cui i suoi esperti sono chiamati ad intervenire.
Fa parte della nostra mission, ma è anche parte del nostro pensare al cibo in maniera olistica: cibo non è solo una ricetta, un piatto ben presentato. Cibo è produzione, lavorazione, distribuzione, acquisto e quindi anche spreco.
Il primo giorno di questo nuovo anno ci è parso pertanto giusto ricordare le cifre dell’anno passato. A breve le varie agenzie che di questo tema si occupano renderanno disponibili le statistiche per il 2014 (fonte: http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/spreco-di-cibo).
Secondo l’Institution of Mechanical Engineers – associazione degli ingegneri meccanici britannici – la metà del cibo che viene prodotto nel mondo, circa due miliardi di tonnellate, finisce nella spazzatura, benché sia in gran parte commestibile (rapporto 2013).
Questa stima è in linea con quella della Nazioni Unite: secondo la FAO secondo cui oltre un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano, cioè circa 1,3 miliardi di tonnellate, va perduto o sprecato, contenuta nello studio intitolato Global Food Losses and Food Waste (Perdite e spreco alimentare a livello mondiale)
In Italia secondo il Barilla Center for Food and Nutrition ogni anno finiscono tra i rifiuti dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di circa 37 miliardi di euro. Un costo di 450 euro all’anno per famiglia. Cibo che basterebbe a sfamare, secondo la Coldiretti, circa 44 milioni di persone. Quei 450 euro, secondo noi, potrebbero essere investiti in qualità, il che equivale a dire: comprate meno quantità di cibo ma di maggior qualità, che fa bene alla salute.
L’auspicio di UCMed è che la filosofia e le pratiche del non spreco alimentare si diffonda tra istituzioni, produttori, distributori, commercianti e, ovviamente, consumatori e che il 2015 veda calare enormemente queste cifre.