Il 90% dei cuochi che lavora nel mondo della ristorazione è destinato a restare per sempre nell’anonimato sul piano mediatico. Eppure nella maggioranza dei casi si tratta di abili e onesti operatori di cucina che formano l’asse portante del sistema alimentare e gastronomico italiano. I social offrono oggi la possibilità a chiunque di mettersi in vetrina, ma per lo più si tratta di un’autopromozione in grado di soddisfare quel bisogno di protagonismo imposto dai media indifferenti, in moti casi, al fatto che la televisione mistifica, se non addirittura sconvolge, le regole più elementari di una cucina reale, di buona qualità, salutare e appagante sul piano del gusto ancor prima che dell’estetica. Abbiamo scoperto che l’altra faccia di questa medaglia è diventato un libro intitolato “Cuoco senza stelle“, scritto da Franco Luise*, che val la pena leggere per comprendere l’altra faccia, quella più vera, di questa professione. Così viene presentato il libro, edito dalla Bibliotheca Culinaria, che costa € 18,00.
“Chi è il cuoco senza stelle? È il professionista in camice bianco che ha perfezionato il tuo snack preferito o l’executive chef di un grande albergo? È il cuoco della trattoria sotto casa o quello che programma i pasti per tuo figlio a scuola? È la figura che si è occupata dei pasti nel tuo ultimo viaggio in aereo, in treno, sulla nave di crociera, oppure semplicemente uno che se ne infischia del sistema, delle valutazioni in genere che siano toque, punteggi o le famigerate stelle? Sicuramente il cuoco senza stelle è una figura che dovrebbe incuriosire molto di più dei suoi colleghi tanto reclamizzati. Dopotutto, per la maggior parte delle persone, il suo operato ha molta più incidenza sulla loro vita quotidiana. Nel raccontare la propria vita dietro i fornelli, Franco Luise, cuoco rigorosamente senza stelle, offre un ritratto sorprendente di una categoria che, pur essendo massiccia in presenza e dotata di capacità creativa e manageriale, opera nell’ombra. Dimostra che le soddisfazioni della professione lontana dai riflettori esistono eccome, ma fa notare quanto sia sconcertante trovarsi “rappresentati” da divi che non cucinano da tempo o da “spadellatori narranti” perennemente in viaggio da un evento all’altro.
Luise non ha scritto un libro di formazione professionale, ma il suo racconto comprende consigli e strategie per le nuove generazioni di cuochi. Non ha compilato un ricettario, ma racconta piatti legati alla sua memoria. Non ha confezionato una diatriba contro l’avanzare dello chef mediatico, ma consegna un lucido appello a tutti i cuochi che operano nell’anonimato di rivendicare la dignità della loro professione”.
*Nato a Padova nel 1962, Franco Luise ha frequentato la scuola alberghiera di Abano Terme. Dopo l’apprendistato al Suvretta House di St. Moritz, ha fatto parte delle brigate di alberghi di grande tradizione e prestigio come Gritti Palace, Villa San Michele, Palace Gstaad e Palace St. Moritz. Il Cipriani di Venezia, punto di svolta della sua carriera, gli ha permesso di inaugurare il ristorante “Cip’s del Palazzetto”, per poi diventare Executive Chef del Lapa Palace di Lisbona. La ricerca del nuovo lo ha portato ad approfondire gli aspetti manageriali della cucina specializzandosi con corsi negli Stati Uniti e in Svizzera. Nel 2005 rientra in Italia, come Executive Chef, per curare la riapertura del prestigioso Hotel Caruso di Ravello. Nel 2007 coordina quella del Molino Stucky Hilton di Venezia. Dal 2013 è Executive Chef del nuovo Waldorf Astoria di Gerusalemme.