La tendenza della medicina moderna è quella di trasformare la malattia cancerosa in una malattia cronica com’è avvenuto, per esempio, con quelle cardiocircolatorie e con il diabete per cui i pazienti convivono vita natural durante con esse, curandosi senza mai guarire. La morbilità legata al cancro aumenta in modo esponenziale e con essa il mercato sanitario-farmaceutico preposto alla cura dei tumori con l’obiettivo di alleviare il dolore e prolungare l’esistenza dell’ammalato. In questa ottica per il prof. Mirco Bindi “…la salute è diventata il più grande business mondiale. La sanità è la maggiore spesa dei Governi occidentali e nonostante ciò il cancro miete in Italia 180.000 vittime ogni anno. Questa malattia è la seconda causa mondiale di morte prematura e arriva a 8,7 milioni di morti l’anno, superando i milioni di morti dei cinque anni della prima guerra mondiale”.
Se accettiamo l’idea del cancro come una malattia cronica da curare asserviamo la nostra esistenza a terapie e medicinali, rinunciando al concetto di salute come definito dall’ OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) e cioè di “…uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia o infermità”.
Il viaggio che Bindi fa ne “Il cibo sia la tua medicina” mira a cambiare le carte in tavola nel senso che lo status di ammalato di tumore non deve rappresentare la regola per la società contemporanea, ma l’eccezione con cui confrontarsi per tentare di sconfiggere la malattia piuttosto che rassegnarsi a conviverci fino all’ultimo giorno di vita.
Secondo lo scrittore inglese Aldous Huley (1894–1963) “…la medicina ha fatto così tanti progressi che ormai più nessuno è sano”.
“Lo stile di vita occidentale, che si è diffuso in tutto il globo, ha trasformato la passione di vivere in un calvario per sopravvivere – spiega Bindi – Tutto è stato stravolto. Lo stress è imperante e la vita è una corsa contro il tempo. Le tradizioni millenarie su cui si è modellata l’evoluzione sono state soppiantate per interessi di potere e di soldi. Dalla medicina alla biologia, dall’agricoltura all’ambiente, dal vivere quotidiano all’alimentazione, dal dolce far niente alla generosità spontanea, la vita si è trasformata in un gretto materialismo. Questa situazione alienante si riflette sulla vitalità e sul benessere individuale annullando i benefici del progresso sociale. La genuinità della vita è stata dimenticata e sotterrata da montagne di rifiuti. Presto ci sarà il nuovo continente della plastica”.
Come si può non condividere questo ragionamento? Eppure permangono ostilità e pregiudizi rispetto al tentativo di “riportare l’individuo alla sua originale natura biologica” per contrastare l’insorgere della malattia cancerosa.
Che cosa ci suggerisce di fare Bindi sulla scorta di una pluridecennale esperienza sul campo costantemente confrontata e aggiornata rispetto anche alle stesse tesi della medicina tradizionale?
“La Prima: disintossicare il corpo dall’uso massiccio di sostanze che hanno avvelenato gli esseri viventi. Il grasso, che uomini e donne accumulano con un’alimentazione sbilanciata, diviene il deposito di sostanze chimiche artificiali, metalli pesanti e tossine che agiscono come pungolo per la degenerazione maligna delle cellule. Come il grasso delle balene atlantiche è il massimo deposito del DDT mondiale, così il grasso stratificato nell’ addome, nei glutei, nei visceri e nel sottomento è il massimo deposito di cancerogeni e sostanze tossiche. Anche le persone che si sottopongono a chemioterapia e radioterapia accumulano cancerogeni e mutageni. La disintossicazione del corpo è la prima importate azione che una persona deve considerare per garantirsi la longevità.
La Seconda: rafforzare il sistema immunitario. Il sistema difensivo naturale ha permesso la sopravvivenza della specie umana da molti agenti patogeni. Gli antibiotici e le norme igieniche hanno ridotto drasticamente le malattie infettive che falcidiavano la popolazione fino alla rivoluzione industriale del 1700. Da allora, a fronte di un calo delle morti infettive, le malattie degenerative si sono diffuse in un trend inarrestabile. Il sistema immunitario si è trovato nell’ incapacità di riconoscere la massiccia presenza delle sostanze artificiali. Contemporaneamente l’alimentazione moderna raffinata piena di sale, zucchero, coloranti, conservanti, aromi artificiali, ecc., ha minato la sua funzionalità.
Negli ultimi due decenni la ricerca scientifica ha evidenziato il danno prodotto dal cibo moderno sulle cellule sane. L’infiammazione da cibo è una situazione non percepita dalla persona, ma in grado di alterare ogni singola cellula. L’alterazione metabolica enzimatica fu identificata nel 1930 dal Nobel Otto Warburg che chiarì il ruolo dell’acidosi e dell’ossidazione cellulare. Il cancro nasce da lontano: anni di alimentazione a prevalenza animale indeboliscono il sistema immunitario e lo rendono inefficiente al cronico avvelenamento ambientale. Nel 1930 il microbiota ancora non era stato scoperto. I batteri intestinali si cibano delle fibre dei cibi vegetali mangiati crudi. Il cibo cotto non sfama il microbiota con la conseguenza di renderlo vulnerabile ad agenti lesivi esterni. L’alimentazione moderna è quasi totalmente priva di cibo crudo e delle sue fibre. Questo fatto oltre a favorire svariate malattie gastrointestinali si riflette negativamente sul sistema immunitario e forse determina l’arrabbiatura perenne in cui vivono i frequentatori dei fast-food. Chi ripristina la qualità dei cibi di provenienza vegetale, naturale e biologica è in grado di ripristinare e potenziare le difese naturali”.
Vediamo allora a che punto sta la cura del cancro. “…Fin dagli albori della medicina moderna la cura del cancro è stata incentrata su scoperte casuali, su improvvisazione e sulla sperimentazione. La radioterapia per esempio nacque studiando la crescita dello sviluppo nei bambini con le radiografie di un polso. I polsi fotografati frequentemente smettevano di crescere. La chemioterapia a sua volta nacque dalle esperienze dei gas asfissianti della prima guerra. In pratica, non essendoci altre possibilità, la cura dei tumori è affidata a sostanze letali, cancerogene, mutagene e tossiche. Bene lo sanno i malati per l’esperienza della tossicità, eufemisticamente chiamata “effetto collaterale”.
Se guardiamo i medici famosi che studiavano queste cure – Röntgen, Curie, Karnofsky – sono tutti morti di tumore….Tutti i medici di allora sapevano che queste cure erano armi letali, ma, essendo le uniche a disposizione, era gioco forza usarle. Fino agli anni 1990, in oncologia serpeggiava la speranza di sconfiggere il cancro, ma quella fiducia è stata sotterrata, mentre l’industria farmacologica ha immesso sul mercato nuovi farmaci. La validità della cura del cancro è ferma al 50% dei malati, cioè il 50% muore di cancro per inefficacia delle cure a conseguire la guarigione”.
Del resto questo dato l’abbiamo sotto gli occhi, così come quello del manifestarsi della malattia cancerosa a ritmi costanti nella nostra società, in senso trasversale alle diverse fasce sociali e culturali, senza particolari novità in termini terapeutici, ma con l’aumento vertiginoso dei costi per le cure che non salvano, ma cercano di allungare la vita dell’ammalato. Guarire dal cancro è perciò un verbo che resta pressoché estraneo al vocabolario corrente per cui il viaggio alla scoperta delle azioni da porre in essere per non ammalarsi è quello più affascinante se riusciamo a farlo, però, con la mente sgombra da pregiudizi e dalle interferenze di un sistema che resta arroccato in sé stesso. (ViC)